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A cura di don Alessio De Stefano
In questa seconda domenica del tempo di natale, la nostra attenzione è chiamata a soffermarsi sul bellissimo prologo con cui si apre il vangelo di Giovanni. È questo un testo di una bellezza inaudita e possiede una ricchezza di contenuti che non basta una vita intera a scoprirli tutti. La nostra riflessione vuole solo sottolineare qualche aspetto di questa pagina sacra... di questo tesoro inesauribile.
Chi è Dio? Potrebbe essere una domanda molto scontata e fuori luogo. Ma l'evangelista dice che Dio è eterno, è il fondamento e la base della nostra vita e di tutto l'universo; ciò è possibile perché Egli non ha né principio né fine. E la Parola, che è protesa verso il Padre, gode delle stesse caratteristiche di Dio Padre perché dall'eternità condivide la stessa condizione. Per cui come uomini siamo posti di fronte all'eternità che viene presentata come una vita di comunione con la Santissima Trinità; vita che inizia nel momento in cui l'uomo si protende verso Dio già da questa vita terrena. Dio diviene il senso di ogni uomo e di tutto l'universo, se l'uomo decide di "abitare" con Dio.
Chi è la Parola? Questa apparente ipotesi o teoria diviene certezza nel momento in cui la Parola, che è la chiave di lettura della sfera divina, si è incarnata e si è rivelata come Vita e Luce. La Vita di cui si parla non denota mai la mera vita fisica ma una qualità di vita che è definitiva, e perciò non soggetta alla morte. Così anche la Luce nel significato Giovanneo è lo splendore della vita; non esiste una luce precedente alla vita; è la vita stessa in quanto si impone per la sua evidenza e possibilità di conoscenza. La vita che splende è il segno del progetto di Dio sull'umanità. Vita e Luce, come qualità della Parola, si collocano nel mondo degli uomini... nel creato. Ancora una volta l'evangelista vuole attirare l'attenzione sul fatto che il mondo degli uomini senza la presenza divina è una realtà che va verso l'autodistruzione, un mondo senza Dio è come una nave senza nocchiero... una storia che gira su se stessa senza un fine.
Il Verbo si è incarnato perché vuole essere un'alternativa, una risposta alle tante difficoltà dell'uomo; desidera dare una speranza a chi vive nella desolazione; sogna di essere una lampada per chi brancola nel buio, una sorgente per chi ha sete e vive permanentemente nella sua aridità spirituale. Allora non ricevere la luce, cioè non ricevere Gesù Cristo, non è sempre una scelta fatta coscientemente. Al contrario, il problema è di non averla fatta coscientemente. Troppo spesso, Gesù non viene ricevuto dalle persone non perché hanno precisamente scelto di rifiutarlo, ma perché non lo hanno specificatamente ricevuto per chi è. Forse per questo l'evangelista Giovanni si preoccupa di descrivere l'identità del Figlio con dovizia e nei suoi minimi particolari.
Chi è l'uomo? La vocazione dell'uomo, dice l'evangelista Giovanni, è quella di essere "Figlio di Dio". La realizzazione di questo progetto è sostanzialmente legata all'accoglienza di Gesù Cristo... si diventa figli di Dio quando, per mezzo della fede, si riceve Gesù nella propria vita, sia come Salvatore, in quanto ci si riconosce perduti e bisognosi di un Salvatore, sia come Signore e Re. Chi riceve Gesù in questa maniera diventa Figlio di Dio ed è proteso verso la salvezza-comunione divina. Per cui la Figliolanza è una conquista che si concretizza nel quotidiano e diventa un cammino di perfezione che ci fa intravedere e gustare le mirabilia Dei.
L'evento del Natale è una proposta divina che ci viene offerta per uscire fuori dalle tenebre che spesso avvolgono la nostra vita; scuoterci dal torpore in cui si è caduti; è un invito a diventare concretamente familiari di Gesù Cristo che non si vergognano di fare spazio a un così illustre consanguineo... Gesù viene tra "i Suoi"... tra coloro che hanno lo stesso sangue e vuole trovare la porta aperta e un cuore accogliente perché riscaldato dall'amore di Dio. L'identità dell'uomo è ben delineata, nel momento in cui è illuminata dalla presenza di Dio.
Buona Domenica!!!
"Mise la sua tenda in mezzo a noi" (Gv 1,14). La storia del Verbo nel mondo è quella di un nomade, delle sue avventure e delle sue disavventure. Un viandante che alla sera pianta la sua tenda ai bordi di un prato, per toglierla all'alba, scacciato dal proprietario, furibondo per aver trovato la propria terra occupata senza permesso. Il Verbo, fra gli uomini, non ha dove posare il capo. È presente nel mondo, e il mondo non lo conosce. Fin dall'inizio non c'è posto per lui nell'albergo.
Non è una luce che abbaglia. È "la luce vera". Quando gli uomini si incrociano, di notte, sui loro bolidi che sfrecciano via con tutti i fari accesi, si accecano senza illuminarsi. La luce vera, invece, è capace di attenuarsi. Non abbaglia, ma penetra nel cuore degli uomini, illumina le loro gioie e le loro pene, il loro lavoro e le loro giornate. E poi allieta le loro feste.
Se il Verbo avesse voluto affascinare con la sua luce, avrebbe scelto di essere folgore, astro, superstar, e non carne della nostra carne. Ma sapeva che la polvere negli occhi acceca, mentre gli uomini hanno bisogno di vedersi rivelati dalla luce vera dell'amore. Soltanto allora, anche se nati dalla carne e dal sangue, dal volere di una creatura di carne, possono rinascere da Dio, possono diventare figli di Dio. Perché "in principio era il Verbo", in Dio e rivolto verso Dio, capace di esprimere e di comunicare quel Dio che è lui stesso. Pieno di grazia e di verità, capace di stringere con noi un rapporto vivificante, che ci libera e ci salva.
Dalla sua pienezza tutto abbiamo ricevuto, per dire al mondo, a nostra volta, la parola che fa vivere. Questo è il natale.