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Il Signore è il mio Pastore
A cura di Vienna International Religious Centre
Tutto quello che si può dire sul cristianesimo come esperienza di comunione e di salvezza, si trova sintetizzato nei versetti che concludono il discorso di Gesù sul vero pastore. Dopo un primo sviluppo in cui si è presentato come la porta delle pecore e il loro pastore, Gesù ha interrotto il suo discorso. Ma i suoi avversari non si accontentano di un'allegoria, e insistono per una dichiarazione esplicita: "Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente" (Gv 10,24). Per tutta risposta, Gesù si limita a descrivere l'atteggiamento che le sue pecore devono avere nei suoi confronti: è lo stesso che i credenti di ogni tempo dovranno assumere nei confronti dell'inviato di Dio. La fonte della loro comunione con lui? "Io e il Padre siamo una cosa sola". Gesù non è soltanto il vero, il buon pastore: lo è alla maniera di Dio, nel modo in cui Jahvé, nell'antico testamento, guidava e salvava il suo popolo. L'unione del Padre e del Figlio è la fonte della reciproca appartenenza del Cristo e dei cristiani. – Il mezzo per attingere a questa fonte? "Le mie pecore ascoltano la mia voce... e mi seguono". Il Padre ha affidato le sue pecore a Gesù, e questi dona loro la vita eterna, con una certezza che si intuisce soltanto contemplando la croce. "Non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano". Gesù è nello stesso tempo il pastore e l'agnello immolato: ha pagato la nostra salvezza con la sua vita. – Il fondamento di questa comunione? "Io le conosco". Tra Gesù e i suoi si crea un rapporto di intimità da cui scaturisce un modo nuovo di vivere. Noi dobbiamo vivere in lui come la luce dipende dal sole, come il soffio deriva dal vento. Tutto questo non avviene senza fatica: il cammino della pasqua conosce sofferenze che ricordano i dolori del parto, dolori che preludono e fanno sbocciare una vita nuova.