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OMAGGIO A MARIA, "DONNA GENTIL"
all'inizio del nuovo anno
nella festa della sua maternità
a cura di Mons. Carmine Scaravaglione
- 28 Dicembre 2002-
"De Maria nunquam satis", hanno detto e ripetuto i secoli, per bocca delle generazioni innamorate di Maria, Madre augusta del Verbo Incarnato, Madre e Regina degli uomini e degli angeli.
Vogliamo - dopo aver ripreso l'interrotta collaborazione con la rubrica "Sulle tracce di Dio" - rendere omaggio alla Vergine, attraverso qualche parola - delle tante e bellissime - che i poeti hanno detto di Lei, nei momenti di maggiore estro e di mistica contemplazione della Donna "umile e alta più che creatura".
In qualche prossima occasione di festività mariana, ci lasceremo guidare dalle profonde intuizioni dei Padri della Chiesa, della Liturgia, della fede profonda e dell'amore intenso di Giovanni Paolo II per la Madonna. Oggi vogliamo darle il tributo d'amore dei tanti poeti che hanno sentito il fascino immenso promanante da "li occhi da Dio diletti e venerati".
La Vergine Maria, Madre di Dio e madre nostra per grazia divina, occupa forse il primo posto nella letteratura italiana. Ma non solo i poeti quanto anche gli artisti non hanno saputo resistere al suo fascino, alla bellezza della sua figura; alla gioia di riprodurne le fattezze; alla necessità interiore di dipingerla, scolpirla, istoriarla, testimoniandone l'unicità, cantandone la dolcezza, invocandola come Madre di misericordia, rifugio dei peccatori, consolatrice degli afflitti.
Possiamo aprire la serie dei poeti cantori di Maria, con la dolce figura di Francesco d'Assisi (1182-1226) del quale i biografi attestano che "circondava di indicibile amore la Madre di Gesù.e le cantava speciali lodi". Di esse, una sola è giunta, non certo famosa come "Il Cantico delle Creature", ma pur sempre bella e commovente:
Ti saluto, Signora santa, Regina santissima Madre di Dio, Maria, che sempre vergine Eletta dal santissimo Figlio diletto E con lo Spirito Santo consacrata. Tu in cui fu ed è ogni pienezza di grazia E ogni bene Ti saluto, suo palazzo, Ti saluto, sua tenda, Ti saluto, sua casa, Ti saluto, suo vestimento, Ti saluto, sua ancella, Ti saluto, sua Madre. E saluto voi tutte, sante virtù, che per grazia e lume dello Spirito Santo, siete infuse nei cuori dei fedeli affinché li rendiate da infedeli, fedeli a Dio".
( Da "Scritti di san Francesco d'Assisi")
Non potendo nominare e parlare di quanti, tra Cortona, Siena, Bologna Firenze soprattutto, hanno "laudato" Maria, non si può tacere di Jacopone da Todi (Jacopo dei Benedetti, 1230-1306). Un uomo di logica estremista che, dopo la sua conversione, soffrì umiliazioni e carcere per essersi messo in urto con Bonifacio VIII. Nel "Pianto della Madonna" - molto simile allo "Stabat Mater" che forse appartiene anche a lui - egli dà corso al suo irrefrenabile dolore, meditando sulla Passione di Gesù e sulle lacrime di Maria:
Non potendo riportare tutta la composizione, diamo le ultime strofe che riecheggiano il pianto della Madonna, dopo la morte di Gesù:
"Figlio, l'alma t'è uscita, figlio della smarrita, figlio della sparita, figlio attossicato. Figlio bianco e vermiglio, figlio senza somiglio, figlio, a chi m'appiglio? Figlio, pur m'hai lassato! O figlio bianco e biondo, figlio volto jocondo, figlio, perché t'ha il mondo figlio, così sprezzato? Figlio dolce e piacente Figlio de la Dolente, figlio, atte la gemnte malamente trattato".
Per dodici volte Maria ripete la parola "Figlio"; è il vertice del dolore di Maria che si placa e si rasserena quando Gesù le darà come figlio Giovanni, e quindi l'intera umanità che ha bisogno di una Mamma che la salvi, proteggendola, dalla dannazione eterna.
Un cenno merita s. Caterina da Siena (1347-1380). Caterina non sapeva scrivere - lo facevano, per lei, i suoi discepoli, detti "caterinati" - che raccoglievano, della giovane senese, le continue elevazioni spirituali. Maria è al centro della preghiera di Caterina; a Maria, ella continuamente si rivolge per sé e per tutti.
Tra tutti, scegliamo questo breve brano:
"O beata e dolce Maria, Tu ci hai donato il fiore Del dolce Gesù! E quando produsse il frutto Questo dolce fiore? Quando fu innestato Sul legno della santissima Croce!
(s. Caterina da Siena, lettera 144)
Preceduto dalla "scuola siciliana" che gravitava attorno all'imperatore Federico II - il cui naturalismo fu seguito un po' da tutti quanti roteavano attorno alla sua corte - esplose il "dolce stil novo", il primo organico, grandioso movimento letterario che ebbe un potente influsso su tutta la cultura e le cui tonalità ispiratrici furono seguite in quell' aura un po' sognatrice perseguita in tutte le composizioni poetiche. Il "dolce stil novo" si sgancia dalla poesia aulica e alquanto convenzionale che lo precede, e sua nota dominante diventa il "sentimento". Un sentimento puro, elevato, spontanea, non quello torbido, passionale, rozzo che si esprime, per fare un esempio, in Cecco Angiolieri.
"La visione della donna, quale ispiratrice di amore, si innalza in un alone di angelicato pudore". (G.B. Proja, "I poeti italiani a Maria", Roma, Bas. Lat., 1994, pag. 69).
Il "dolce stil novo" trova in Guido Guinizelli e in Guido Cavalcanti. Il primo effonde tutta la passione del suo animo nella tenerezza delle sue poesie.
Nel sonetto " Al cor gentil repara sempre amore", egli - pur nell'unico riferimento a Maria - presenta Dio che lo rimprovera per essersi attardato nella sua vita e nella sua opera a dar lode alle creature mentre "a me conven la laude e a la Reina del reame degno".
Guido Cavalcanti, dedito alla politica, praticamente agnostico, legato con amicizia a Dante, non ha spunti di tematica religiosa nella sua produzione; anzi, Giovanni Boccaccio asserisce che era intento "a dimostrar che Dio non fosse". Fino a qual punto questo giudizio sia vero, non possiamo saperlo, se è noto che il Cavalcanti effettuò un pellegrinaggio a San Giacomo di Compostela, assoggettandosi a tutte le privazioni, i digiuni, le fatiche che tale pia pratica imponeva.
Forse il Cavalcanti va incluso nel grande numero di quegli spiriti tormentati che sono sempre alla ricerca di Dio ma che, pare, non riescono mai a raggiungere la meta.
Tra coloro - e sono molti, e non possiamo parlare di tutti - che hanno scritto tanto in onore di Maria, citiamo soltanto Guittone d'Arezzo (1225-1295), solitario e ruvido; spirito misticheggiante se, negli ultimi anni della sua vita, lasciò moglie e figli e si ritirò a Bologna, in un convento.
Delle sue 300 poesie, quasi tutte hanno un contenuto religioso, come dimostra un sonetto in onore della Vergine:
"Donna del ciel, gloriosa madre del buon Gesù, la cui sacrata sorte per liberarci dalle infernali porte tolse l'errore del primo nostro padre, riguarda amore con saette aspre e quadre a che strazio m'adduce ed a qual sorte! Madre pietosa, a noi cara consorte, ritra'me dal seguir sue turbe e squadre: Infondi in me di quel divino amore Che tira l'alma nostra al primo loco, sì ch'io disciolga l'amoroso nodo. Cotal rimedio ha questo aspro dolore Tal'acqua suole spegner questo foco, come d'asse si trae chiodo con chiodo".
La Madonna è la liberatrice, perché Dio così l'ha innalzata, da tutte le furenti passioni che invadono il cuore dell'uomo e lo distorcono per i sentieri intricati della superbia e, soprattutto, della lussuria.
Diamo termine a questa prima carrellata, fermandoci per non appesantire la fatica di qualche eventuale lettore.
La prossima puntata la dedicheremo - sempre in onore di Maria - ai tre grandi fiorentini che rappresentano il vertice della nostra poesia, orgoglio non solo della letteratura italiana ma dell'intera letteratura mondiale: Francesco Petrarca, Giovanni Boccaccio, Dante Alighieri.
Carmine Scaravaglione