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OMAGGIO A MARIA, "DONNA GENTIL"
(terza parte)
Quattrocento e Cinquecento
Dopo aver parlato dei tre massimi poeti italiani di tutti i tempi, mi piace soffermarmi - in questa terza puntata dedicata a Maria - sui due secoli che racchiudono l'Umanesimo ed il Rinascimento.
E', questo, certamente uno dei periodi "più fertili della letteratura italiana in tutte le sue forme ed anche l'arte ha una sua efflorescenza esuberante". (G.B. Proja, "I poeti italiani a Maria", Roma, pag. 107).
In questi secoli non svanisce il senso religioso dei secoli precedenti. Infatti lo sforzo principale è quello di collegarsi con la classicità greca e latina, quindi con gli scrittori pagani, non tanto per ricreare l'ambiente classico quanto piuttosto per affermare l'uomo in sé, nella sua libertà, anche a scapito della "presenza" di Dio. Il senso cristiano della vita, sia individuale che sociale, in un certo senso si attenua mentre salgono, dalle vibrazioni poetiche di tanti autori, i canti di osanna all'uomo ed alla natura.
Nell'ambito religioso, è ancora abbondante la produzione poetica, manca però ad essa quell'afflato mistico che, ad esempio, aveva portato Dante ad esprimersi in forme altissime, starei per dire, in forme ispirate. Un poema come la "Commedia" dell'Alighieri, non poté essere partorito senza uno speciale influsso divino. In questo periodo, si pensa più all'eleganza estetica che all'edificazione spirituale; si pensa più ad ornare il verso che a commuovere, con esso, il cuore.
Nonostante tutto, la Vergine Maria non scompare dall'orizzonte poetico dell'Umanesimo e del Rinascimento, ma resta stella ispiratrice di tanti poeti che ne subiscono il fascino soprannaturale.
Ne esamineremo qualcuno perché anch'essi ci insegnino ad amare Maria.
LORENZO DEI MEDICI, detto il Magnifico 81449-1492), uomo di somma abilità politica e saggio amministratore, si diletta a poetare per trovare ristoro e pace, nelle pause della sua multiforme attività sociale e di governo. E' portato, in modo quasi costante, a poetare di argomenti profani, soprattutto di natura allegra e conviviale. Conosciuta, tra tutte le sue poesie, la "ballata": "Quant'è bella giovinezza - che si perde tutta via.", comunque fu impegnato anche in temi religiosi.
Una seconda "ballata" egli la dedica a Maria: E' formata da dodici sestine con versi ottonari. Di essa diamo soltanto le strofe più significative:
GIROLAMO SAVONAROLA (1452-1498) fu, come tutti sanno, un frate domenicano, oppositore di Lorenzo il Magnifico e fustigatore della Curia Romana, tanto da finire sul rogo per la sua predicazione irruenta, aggressiva ma sostanzialmente veritiera. Non può definirsi un poeta. La sua arma era la predicazione, il richiamo alla conversione, il fustigamento dei costumi licenziosi e della corruzione sociale.
"Quando è grande la bellezza di te, Vergin santa e pia! Ciascun laudi Te, Maria, Ciascun canti in gran dolcezza. Con la tua bellezza tanta La bellezza innamorasti. O bellezza eterna e santa, di Maria bella infiammasti! Tu d'amor l'amor legasti Vergin santa, dolce e pia Ciascun laudi Te, Maria. La potenzia che produce Tutto, in te sua forza ebbe: fatto hai 'l sole esser tua luce luce ascosa in te più crebbe: quello a cui il tutto debbe, debbe a te, a Madre pia. Ciascun laude te, Maria. O felice la terribile Colpa antiqua e il primo errore, poi che Dio fatto ha visibile ed ha tanto redentore! Questo ha mostro quanto amore Porti a noi la bontà pia. Ciascun laudi te, Maria. Tu, Maria, fosti onde nacqueù Tanto bene alla natura: l'umiltà tua tanto piacque che 'l Fattor è tua fattura. Laudi ognun con mente pura Dunque questa Madre pia. Ciascun laudi te, Maria. Più della salute vostra, peccator, non dubitate: il suo petto al figlio mostra questa madre di pietate; le sue piaghe insanguinate mostra a lui la bontà pia. Ciascun laudi te, Maria!
Tuttavia proponiamo di lui una specie di sonetto, indirizzato ad un confratello, in cui esprime i suoi sentimenti e la sua devozione verso la Regina del cielo.
"Questa celeste e gloriosa Donna che al mondo già parea sì poca tera, oggi so ben che va sopra ogni sfera: così fra noi la Chiesa ne ragiona. Qual gloria, qual trionfo, o dolce frate, si fa del peregrino suo salire nell'alto ciel da quei leggiadri spirti. Quel che la fa dei Serafin Madona Che da lei prese umana carne vera, e tutto il ciel discende a schiera a schiera per fargli onor e dargli la corona. Felice quel, Regina, che può dirti Un inno dolce, qual io non so dire, e po' toccar la veste tua beata" Come ben si può vedere la profondità dei sentimenti e la precisione teologica non sono pari alla povertà espressiva. Quel frate considerato allora eretico, saprà dimostrare il suo attaccamento a Maria, quando le fiamme del rogo ne lambiranno le carni e lui si immolerà per aver amato Dio più del mondo e del peccato.
Ci piace citare - seppur brevemente - un poeta considerato ateo e miscredente:
LUIGI PULCI (Firenze, 1432 - Padova, 1484). Autore di un poema burlesco "Morgante", narra in esso le curiose vicende del gigante e di altri personaggi scanzonati, tra cui il mezzo gigante Margotte.
Il tono è senza dubbio piuttosto profano e, a volte, salace; come pure tante vicende della sua vita. Proprio però all'inizio del suo poema così si esprime rivolto a Maria:
E tu, Vergine, figlia e madre e sposa Di quel Signor che ti dette la chiave Del Cielo e dell'abisso e d'ogni cosa, quel dì che Gabriel tuo ti disse Ave; perché tu sei dei tuoi servi pietosa, con dolce rime e stil grato e soave, aiuta i versi miei benignamente e insino al fine illumina la mente"
Non si ferma però qui. Nel canto V di nuovo si rivolge a Maria "pura colomba piena d'umiltate", perché possa seguitar il suo lavoro. Senza l'aiuto della Vergine, si sentirebbe impotente ad andare avanti.
Una "Vita di Maria Vergine" compose nientemeno che. ARETINO PIETRO (1492-1556), uomo dalla lingua lunga, affilata e maledico; di carattere assai violento. Trascorse la sua vita di città in città tra improperi ed adulazioni.
Questa composizione in onore di Maria, ci fa capire come, sotto le sembianze anche più spregiudicate, si possano celare sprazzi di grande devozione per Colei che per tutti, specie per i peggiori, rimane sempre il "Refugium peccatorum".
Non è forse la pittura - come l'architettura, la scultura, la musica - una forma particolare di poesia?
Per questo piace ricordare anche il grande LEONARDO DA VINCI (1452-1519) che onorò Maria, con la sua arte somma, dipingendola nelle cadenze più affettuose della sua anima verginale. Qui basterà ricordare l' "Annunciazione" e "La Vergine delle rocce".
A ventun anni dipinse un panorama - che si trova agli Uffizi di Firenze - e lo firmò con il suo modo caratteristico, scrivendo il nome al rovescio. Volle però precisare che quel giorno era dedicato a Maria: "il dì di s.ta Maria delle Neve, addì 5 d'aghosto 1473".
Ricordarsi di Maria è sempre un modo per celebrarne l'unicità e la grandezza!
Carmine Scaravaglione