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IL MESSAGGERO DEL VANGELO
«Figlio dell'uomo, io ti mando agli Israeliti» (Ez 2,2)
Parole d'accoglienza e presentazione del tema
Fratelli, Cristo è l'inviato del Padre, il messaggero del suo amore:
egli è venuto a portare agli uomini la buona novella. Ma questa missione non è finita con lui. Al mattino del suo ritorno in cielo, il giorno dell'ascensione, egli ha incaricato la sua chiesa, nella persona degli apostoli, a continuarla fino alla fine dei tempi. Non bisogna però credere che solo i capi della chiesa, papa, vescovi e sacerdoti, siano i portatori della sua parola. Questo compito spetta ugualmente, anche se a titolo diverso, a tutti i fedeli: dopo aver accolto il messaggio ed essersene impregnati, devono anch'essi a loro volta diffonderlo e trasmetterlo.
Preparazione penitenziale
1. Riflessione
- Siamo convinti che Cristo è presente nella sua chiesa e nei suoi pastori, per quanto siano pieni di debolezze e di imperfezioni?
- «Chi ascolta voi, ascolta me!», ha detto il Signore. La nostra fede è abbastanza viva da farci vedere in essi i messaggeri e gli interpreti della sua parola e le guide del suo popolo?
- Non prendiamo a pretesto i nostri pochi mezzi per rifiutare ogni responsabilità e ogni impegno al servizio della chiesa, della diocesi, e delle nostre comunità parrocchiali.
2. Invocazioni
- Signore, che susciti sacerdoti e missionari per trasmettere e diffondere il tuo messaggio agli uomini, abbi pietà di noi.
- Cristo, divenuto uomo per portare agli uomini la luce, la pace, la vita del Padre tuo celeste, abbi pietà di noi.
- Signore, che ci fai comprendere e vivere l'insegnamento di Cristo Gesù, abbi pietà di noi.
Prima lettura (Ez 2,2-5): Il profeta mandato al popolo ribelle
Il Signore affida al profeta Ezechiele la missione di rimproverare al popolo eletto le sue infedeltà, e lo esorta a compierla con coraggio, nonostante gli ostacoli che potrà incontrare.
a. Quante volte il Signore aveva avvertito il popolo d'Israele che, se si fosse ostinato nella sua ribellione, sarebbe stato castigato. Eccolo ora in esilio a Babilonia. Ezechiele condivide la sorte dei deportati.
b. Dio gli dà l'incarico di esortarli a riconoscere i loro torti e a convertirsi. Il profeta non deve esitare, nonostante la sua debolezza da una parte e la durezza dei loro cuori dall'altra.
c. Anche oggi come allora, è veramente grande la sproporzione tra il compito affidato ai predicatori del vangelo e i mezzi inadeguati di cui essi dispongono. Tuttavia non devono scoraggiarsi, perché Dio è con loro.
Salmo responsoriale (Sal 122): Fiduciosa attesa dell'aiuto di Dio
Ritornati dall'esilio, gli israeliti sono in balia di molte vessazioni: sono sommersi da sventure. Umilmente ma insistentemente alzano il loro sguardo al Signore, in attesa di un gesto di pietà. Perché non avere anche noi lo stesso atteggiamento quando la prova ci colpisce? Esiste una preghiera vissuta migliore di questa?
Rit.: I nostri occhi sono rivolti al Signore.
Seconda lettura (2 Cor 12,7-10): La forza nella debolezza
Partendo dalla sua esperienza, san Paolo insegna che ciò che forma la forza dell'apostolo non sono i suoi meriti né i suoi doni personali, ma piuttosto la sua debolezza: per mezzo di essa trionfa la potenza di Cristo.
a. Per difendere il suo ministero contro certi intriganti gelosi, san Paolo si vede costretto a prendere in considerazione i doni straordinari che ha ricevuto. È un atto di superbia da parte sua? Assolutamente no!
b. Del resto, proprio per preservarlo da ogni senti mento di vanità, Dio ha permesso che una malattia, «una spina nella carne», lo renda consapevole della sua debolezza, e nello stesso tempo gli faccia comprendere che proprio in questo sta la sua forza.
c. La debolezza umana, riconosciuta davanti a Dio, non nuoce per nulla al ministero dell'apostolo. Al contrario, essa diventa per lui sorgente di luce, di calore e di forza. E proprio la debolezza che apre il cuore di Dio, al quale nulla è impossibile.
Vangelo (Mc 6,1-6): Gesù è rifiutato dai suoi concittadini di Nazaret
Gli abitanti di Nazaret rifiutano di riconoscere in Gesù il messia, l'inviato di Dio annunciato dai pro feti: ai loro occhi egli non è che il falegname del paese, figlio di Maria e di Giuseppe.
a. Di ritorno a Nazaret poco dopo l'inizio del suo ministero pubblico, Gesù in un giorno di sabato prende la parola nella sinagoga, e spiega di essere il messia atteso dal popolo eletto.
b. Riesce però solo a suscitare lo scetticismo e l'ironia dei suoi concittadini. Sarà mai possibile che egli, Gesù, di cui conoscono il mestiere e la parentela, sia l'inviato di Dio? Una vera sciocchezza!
c. Questo rifiuto di accoglienza è di tutti i tempi. Quanti si arrestano di fronte al mistero inaudito di un Dio che si è fatto uomo! Quanti rifiutano di vedere nella chiesa, a motivo delle sue imperfezioni o anche delle sue colpe, la società istituita da Cristo per continuare la sua opera?
Suggerimenti per l'omelia
Come discepoli di Cristo, noi dobbiamo accogliere il suo messaggio, e trasmetterlo dopo averlo accolto. Dovere, ahimè, non sempre compreso! Quanti cristiani battezzati si ostinano in una passività che non ha nulla a che vedere col dinamismo di una fede autentica.
- Accogliere il messaggio evangelico. Sono duemila anni che Cristo l'ha portato agli uomini da parte del Padre suo. Duemila anni che non cessa di risuonare, trasmesso dai profeti, cioè dai pastori della chiesa. Siamo attenti ad accoglierlo, anche se quelli che hanno ricevuto l'incarico ufficiale di annunciarlo non hanno il prestigio dell'eloquenza, della scienza, e neppure quello della santità? Cristo non ha voluto anche lui apparire nella figura di un uomo mortale, soggetto alle debolezze della condizione umana? Abbiamo almeno quel tanto di umiltà, di semplicità di spirito e di fede, da passar sopra alle imperfezioni dei messaggeri evangelici, e, come dice san Paolo, «di accogliere la loro parola, come la parola di Dio, quale veramente è»?
- Trasmettere il messaggio. Forse per troppo tempo la pastorale ha lasciato credere ai fedeli che essi non avevano altro da fare che ascoltare la parola di Dio e di conformarvi la loro condotta. Errore, o per lo meno grave omissione! Ogni cristiano, in realtà, ha la missione, in quanto battezzato, di continuare l'opera di Cristo e di lavorare con lui per la diffusione del regno di Dio, dovunque egli sia, nella famiglia, nel posto di lavoro, nella scuola, nel suo ambiente abituale, quali che siano le sue attitudini, la sua cultura, la sua professione. «Nella chiesa tutti sono responsabili». Questo è il vero motto!
Preghiera universale
Come cristiani dobbiamo essere i testimoni del vangelo. Necessariamente ci imbatteremo in numerosi ostacoli: come tutti i profeti, come lo stesso Cristo, anche noi troveremo critiche e incomprensioni. Per la chiesa e per i suoi pastori, e anche per tutti noi, domandiamo che la potenza di Dio venga ad aiutare la nostra debolezza.
Preghiamo insieme e diciamo: Ascoltaci, o Signore.
1. Alla chiesa è assegnato il compito di promuovere la fede nel vangelo. Affinché essa lo faccia col volto stesso di Cristo, umile e povero, e soprattutto raggiante di carità soprannaturale: preghiamo.
2. Anche i cristiani più convinti e impegnati, di fronte all'incomprensione, potrebbero essere tentati di scoraggiamento. Affinché essi ritrovino fiducia in se stessi con una maggior fede in Dio: preghiamo.
3. In tanti luoghi la libertà di pensiero e di parola è impedita. Affinché il Signore permetta quanto prima a tutti i popoli oppressi di professare apertamente la loro fede: preghiamo.
4. E dove la libertà esiste, troppo spesso i cristiani conoscono la schiavitù delle cattive abitudini e del rispetto umano. Affinché sappiano liberarsene per diventare dei cristiani coraggiosi e fieri della loro fede, dei veri uomini: preghiamo.
5. Le nostre assemblee cristiane dovrebbero essere delle riunioni di famiglia, giacché siamo tutti figli di Dio. Affinché sappiamo vedere il volto del Padre in quello dei nostri fratelli: preghiamo.
Signore Gesù, tu hai conosciuto l'incomprensione e i limiti della condizione umana. Con l'umiltà hai trionfato fino all'accettazione della croce. Insegna anche a noi ad accettare le prove del tempo presente, gli insuccessi, con serenità, affinché anche per noi la debolezza diventi forza, e l'umiliazione vittoria. Tu che vivi e regni col Padre e con lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen.
Al Padre nostro
Coscienti della nostra naturale debolezza, uniamoci a Cristo presente sull'altare, per presentare la nostra preghiera a Dio Padre, col cuore pieno di confidenza.
Parole di congedo e di saluto
Dobbiamo essere i testimoni del vangelo, senza lasciarci scoraggiare dalle incomprensioni e dagli schemi. Il Signore ci sarà vicino per far trionfare la nostra debolezza.