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II Domenica dopo Natale
In Cristo tuo figlio hai rivelato il tuo amore
Esegesi del brano Gv 1, 1-18
Chiave di lettura
La liturgia del tempo natalizio è piena di una festosa luce: la presenza adorabile di Dio-Figlio. Attorno a questa presenza e a ciò che essa implica e significa si sviluppa la liturgia di questa domenica, sia nei testi biblici sia nell'eucologia.
Il Vangelo celeberrimo del prologo di Giovanni che viene proposto dalla liturgia della seconda domenica di Natale è un testo ricorrente in questo tempo liturgico: è già stato ascoltato nella messa del giorno di Natale e nella messa del 31 dicembre. Questa reiterazione assolutamente inedita per altri brani evangelici nella liturgia è significativa e denota la speciale importanza di questa altissima contemplazione per la nostra fede e per la comprensione del mistero del Natale.
In questa domenica, alla luce delle altre letture bibliche (Sir 24,1-4.8-12; Ef 1,3-6.15-18), vediamo che il prologo giovanneo viene offerto al nostro ascolto per farci contemplare e meditare la realtà dell'incarnazione come rivelazione gloriosa di Dio che l'uomo credente è chiamato ad accogliere, lasciandosi coinvolgere nella gloria divina.
Una divisione del testo per aiutarne la lettura
Il prologo al quarto Vangelo ne costituisce una specie di sintesi tematica (quasi una suite) sotto forma di inno, composto dall'evangelista a partire, probabilmente, da testi liturgici paleocristiani che egli ha rielaborato alla luce della sua particolare esperienza e interpretazione della persona umano-divina di Gesù, quale rivelatore del Padre.
Gv 1,1-5: Il Verbo preesistente che è Luce.
Gv 1,6-14: Il Verbo-luce, oggetto di fede, annunciato dal Battista, divenuto carne.
Gv 1,6-8: Inizio storico della rivelazione del Verbo, missione di Giovanni Battista.
Gv 1,9: Il Verbo è la luce vera.
Gv 1,10-13: Risposta degli uomini al Verbo rivelatore.
Gv 1,14: Il mistero del Verbo fatto carne.
Gv 1,15-18: Il Verbo-luce provoca reazioni nel mondo.
Siamo davanti alla vetta della Bibbia. Giovanni inizia il suo Vangelo cantando. La sinfonia di apertura è un inno delle sue comunità, un inno liturgico, perché sia chiara una cosa: che le Scritture non sono un libro di lettura o di
studio, ma sono testimonianza di fede.
Ecco allora il solenne inno al Logos, alla Parola: un canto al mistero dell'Incarnazione. Anticamente la Messa si chiudeva con questo prologo: splendido ringraziamento!
Ci sono alcuni versetti che interrompono il cammino ritmico dell'inno, e riguardano il Battista, per dare continuità, per legare il prologo al resto del Vangelo.
Se prendiamo quelle due inserzioni, le stacchiamo dall'inno e le piazziamo di seguito al termine del prologo, tutto diventa chiaro.
Giovanni canta Gesù, il Verbo incarnato: Dio che discende, che si abbassa (è stato chiamato «kénosis» questo abbassamento), che opera un esodo, perché l'umanità possa fare esodo. Dio discende perché l'umanità possa salire.
Il Logos discende e poi ascende portando con sé i salvati, i prigionieri, conducendo schiava la schiavitù (Sal 67/68).
C'è una sintesi del prologo in Gv 16,28: «Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre». Questo emerge anche nella forma letteraria: il fuoco, il centro di tutto è il v. 14: «Et Verbum caro factum est», e poi tutto risale e ritorna... al seno del Padre, al mondo dell'eternità da dove si era partiti. C'è una magnifica struttura concentrica, un chiasmo, dove il centro è il Verbo che si fa carne.
Lo scopo dell'Incarnazione non è ridurre Dio alla nostra portata, ma trasferire noi alla portata di Dio, come canterà la lettera ai Colossesi: «Ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore» (1,13), dopo averci «liberati dal potere delle tenebre». Il Verbo dunque è venuto per salvarci: non è un collega, ma un Salvatore!
Dal mondo dell'eternità parte il grande esodo del Verbo.
Inizia solenne: «In principio», come il libro della Genesi.
C'è il verbo essere (era... era...) per indicare la preesistenza.
Poi userà il verbo divenire per indicare il mondo delle creature. «Era presso Dio» («pròs» con l'accusativo): dialogo, movimento, comunione di vita all'interno della Trinità. Il Verbo in dialogo con il Padre. Parlano anche di ciascuno di noi, perché la lettera agli Efesini dice che siamo stati progettati «prima della creazione del mondo» (1,14)!
Poi la creazione: il Verbo esce come sposo dalla stanza nuziale, e «tutto è stato fatto per mezzo di lui». Dice che di ciò che esiste nulla è stato fatto senza di lui! «Senza» («Chorís» dal verbo chorízo, separare): una parola che tornerà nel cap. 15: «Senza di me non potete far nulla».
Dio allora parla attraverso la creazione, poi parlerà attraverso
la voce dei profeti, da ultimo... il Verbo della vita arriva al punto di farsi toccare con le mani (1 Gv 1,1).
«E il Verbo si fece carne».
Dice «carne», non dice solamente «uomo». È qui lo scandalo. Come può essere Dio il carpentiere di Nazareth?
«Carne» indica il massimo della fragilità, il culmine dell'abbassamento.
Se Dio è amore, dev'essere condivisione.
Ha condiviso in tutto, eccetto il peccato, la nostra condizione umana.
Allora: tutto ciò che il Verbo tocca, funziona, assume valore salvifico. Ogni minuto della vita quotidiana di Gesù è per la salvezza del mondo. E qui c'è la risposta unica all'enigma del dolore e della morte! Non ci sono risposte umane: il mondo scarta il problema. Noi dobbiamo gridare a tutti questa bella notizia: tutto ha un senso se vissuto per amore! È la missione di ogni discepolo. A un patto: se stiamo «sul seno del Figlio» come Giovanni nell'ultima cena...
«Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre (letteralmente "sul seno"), è lui che lo ha rivelato». Il Figlio è la rivelazione (l'esegesi) del Padre; e noi riveleremo il Figlio solo se vivremo in intimità con lui.
Hanno detto di Gesù
Non lo si inventa il Cristo perché è troppo scomodo. Guillaume Pouget Cristo è la verità messa in croce. Julien Green«Attenzione: quest'uomo è estremamente pericoloso! Il suo messaggio di libertà e d'amore è incendiario, insidia soprattutto i giovani... Questo predicatore vagabondo ancora in libertà, e costituisce un pericolo enorme per la nostra società dei consumi». [Dal manifesto degli Hippies]
Se Gesù Cristo venisse tra noi oggi, gli uomini non lo crocifiggerebbero: lo inviterebbero a cena, ascolterebbero quel che avesse da dire, e riderebbero di lui. Thomas Carlyle
Nulla ci separerà dall'amore di Cristo: nè la tribolazione, nè l'angoscia, nè la persecuzione, nè la fame, nè la nuditàˆ, nè il pericolo, nè la spada. Paolo apostolo (Romani 8,35)